check_box_outline_blank
check_box_outline_blank
check_box_outline_blank
check_box_outline_blank

Guarda e rispondi

Legenda

È la zona dove si concentrano maggiormente gli emigrati: in primo luogo la Lombardia, poi il Piemonte e infine la Liguria. Gli immigrati giungono soprattutto dal Sud della Penisola: Sicilia, Puglia e Calabria. Rispetto agli anni precedenti diminuisce l’immigrazione dal Veneto.
La scelta di città come Milano e Torino è spesso legata alla presenza di parenti, o compaesani, già trasferiti e in grado di accogliere i nuovi arrivati.

La città, col suo circondario, attira una notevole quantità di persone soprattutto dalle regioni meno ricche dell’Italia centrale: Umbria, Abruzzo, Molise. Più che il settore industriale, è il terziario – compresi i ministeri – ad assorbire gli immigrati.

È una regione dalla popolazione in equilibrio, che riceve una quantità trascurabile di immigrati e vede partire una pari quantità di suoi abitanti. La tradizionale solidità dell’agricoltura e la diffusione di piccole industrie facilitano questo processo.

È la regione che perde più abitanti: più di duecentomila tra il 1962 e il 1971 raggiungono Piemonte e Lombardia. È un pesante tributo pagato all’arretratezza dell’economia siciliana e alle mancate riforme in ambito agricolo e industriale.

Anche questa regione, non molto popolata, vede partire diverse migliaia di abitanti verso Piemonte e Lombardia.

Descrizione

La carta mostra le direttrici di emigrazione in Italia negli anni Sessanta. Soprattutto le città industriali del nord furono la meta del flusso di immigrazione proveniente dalle regioni del sud.

Note

L'emigrazione italiana negli anni Sessanta

1/1